La “poesia pubblica” vince la diffidenza e il pregiudizio


Martedì 26 gennaio la  lettura dei primi versi per il concorso con la giuria di Barriere al Vento
di Mauro Marino

“Lo stupore” è il punto di partenza del pensare, di ogni fare creativo. Questa capacità di stupirsi è il “mistero” custodito ogni volta che, a Galatina, vado a incontrare i “ragazzi” dell'associazione "Barriere al vento” promotori del concorso Fogli di Poesia per Raccontare la Vitache vedrà a fine febbraio incontrarsi, negli spazi dell’ex Officine Martinucci, i “poeti-poeti” e gli aspiranti poeti delle scuole secondarie di primo grado e del biennio delle scuole secondarie di secondo grado che hanno risposto al bando.
Un concorso - ispirato nel titolo al dettato di Antonio Verri - per promuove l’idea di una poesia coinvolta con la vita capace di farsi esortazione e leva di cambiamento invitando gli alunni a cimentarsi nell'elaborazione di testi poetici sui valori della diversità, dell’integrazione, dell'educazione, della solidarietà. Una poesia non solo da leggere, ma una poesia da recitare a voce alta. Una poesia pubblica, una poesia “grafica”, manifesto da esporre per le strade delle città.
Non sono nuovo delle Officine Martinucci, m’è capitato recentemente di partecipare ad una festa-spettacolo. Ecco a voi un piccolo resoconto.
Le luci si sono abbassate nel grande spazio delle ex Officine Martinucci: fari da teatro per svelare dal buio le azioni degli “attori-guida” che - partendo dall’unità e dalla coralità del grande cerchio che ha unito tutti i presenti nel saluto di benvenuto - hanno accompagnato il pubblico nella trama più intima dello stare nella piena condivisione. “Emozioni e inclusione, tutti insieme a danzare e suonare, con la voglia di creare un contatto con l'altro. Chiunque esso sia, non esiste il diverso, c’è solo voglia di unione e amore... È così che nasce un unico essere spirituale nel suo essere vivo corpo celeste” così scrive Viviana che delle esperienze creative di Barriere al Vento compila il diario di bordo.
Lasciarsi bendare, affidarsi, seguire i piccoli suoni di Daniele, di Luigina, di Elisa… richiami ancestrali, minuti, essenziali “magicano” lo spazio, lentamente mischiano la scena. Suoni e attenzione, grande attenzione verso ogni piccola cosa, ogni piccolo accadere. Non è in quel “piccolo” la vita, la vitalità, il vitalismo? Certo sì, lì abita l’energia, lì il punto dove scovarla e liberarla.
Piccoli passi, poi il ritmo sale, avvolge riempie per intero la grande sala, le percussioni di Pasquale, di Elisa, di Luigina guidano. “Un corpo srotola uno striscione composto da disegni dipinti da ragazzi speciali che attraverso le arti narrano i loro sogni...” annota la diarista, e, quei sogni, sono tutti custoditi nel girare derviscio di Toni che dei Sufi conosce senza saperlo ogni segreto, o forse mi sbaglio è lui l’Illuminato e non io, noi, che crediamo di sapere… gira, gira, gira nel centro del cerchio che si riforma per accogliere una nuova danza.
Scrive Emily Dickinson: “Se per fuggire alla memoria, avessimo le ali, in molti voleremmo. Avvezzi a cose molto più lente, gli uccelli sbigottiti contemplerebbero il possente stormo degli uomini in fuga dalla mente dell’uomo”. Versi efficaci per comprendere la leggerezza che con le loro vite, con il loro ridere largo, il loro chiedere, il loro salutare i “ragazzi” di Barriere al vento testimoniano. Il loro convinto esserci, nonostante tutto, capaci di una felicità a noi sconosciuta.
Ancora un poeta chiamo a far luce, Daniele Giancane: “Mi accorgo sovente di stare sulla soglia: come se ci fosse vicino un confine, un fiato, un tenue filo. Come se fossi qui in parte, in parte altrove. Simultaneo e ubiquo, plurale e singolare assieme” ecco, questa la sensazione vissuta, quella che mi porto dono e monito per l’appuntamento di febbraio.

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